Non aprire che all’oscuro

Emanuela Laurenti / Francesca Maceroni

Einstein diceva: “Che ne sa un pesce dell’acqua in cui vive per tutta la vita?”.
L’Albania comunista ricorda un acquario. Un posto chiuso, una scatola di vetro in cui nuotavano ignari gli abitanti. Henver Hoxha, in capo alla dittatura di matrice stalinista per quarant’anni, aveva isolato politicamente e mediaticamente il paese. La propaganda governativa propinava scenari apocalittici all’esterno e dipingeva la terra delle aquile come ultimo baluardo di civiltà. Gli oppositori politici venivano rinchiusi e torturati, l’economia diveniva sempre più autarchica, la popolazione si vedeva privata dei propri diritti e delle proprie libertà. La nazione si era trasformata in un avamposto dell’incubo paranoico del presidente che aveva fatto costruire circa cinquecentomila bunker convinto di un’imminente invasione del blocco occidentale. La situazione si era, poi, aggravata a causa della rottura con l’Unione Sovietica di Chruščëv e dal conseguente timore di ritorsioni. Alla sua morte, nel 1985, Hoxha lasciava un paese profondamente povero e senza prospettive, con livelli di disoccupazione e arretratezza sociale altissimi. Mentre il neoeletto Gorbačëv portava l’U.R.S.S. verso la perestrojka, Ramiz Alia saliva al potere in Albania e tentava di mettere in atto riforme socioeconomiche con estremo ritardo. Nel 1991 – a un anno dall’assalto delle ambasciate straniere, finalmente riaperte, per fare richiesta di asilo politico – una decina di migliaia di persone salivano su barconi precari per attraversare l’Adriatico e approdare sulle coste pugliesi. Partivano dai porti di Durazzo e Valona alla ricerca di un futuro migliore, sognando l’Italia idealizzata che le trasmissioni Rai disegnavano. Il muro di Berlino era caduto. La guerra fredda era appena finita. Nella vicina Yugoslavia stava per scoppiare una feroce guerra. I disperati che attraversavano il mare per fuggire dalle miserie del regime totalitario comunista venivano accolti a braccia aperte. Riusciva- no, finalmente, ad aprire le porte. Stavolta, alla luce. Quasi trent’anni dopo, siamo andate a vedere quali fossero gli effetti di tutto ciò. Per comprendere meglio il fenomeno epocale dei grandi flussi migratori degli ultimi tempi e, soprattutto, della post-migrazione.

 

Bio 
Emanuela Laurenti
Emanuela Laurenti è una fotografa freelance, con sede a Roma, specializzata in fotografia di interni ed immobiliari e fotografia documentaristica. È cofondatrice di DI-STANZE Studio Fotografico. Dopo la laurea in Lingue e Letterature Straniere, si è prima specializzata in Fotoediting presso la Scuola Romana di Fotografia e poi in Editoria, Giornalismo e Comunicazione presso l’Università degli Studi Roma Tre. Da sempre appassionata di arti visive, approfondisce i suoi studi fotografici frequentando diversi corsi e workshop. Tra gli insegnanti: Ricardo Cases, Federico Clavarino, Max Pinckers, Jeffrey Ladd, Gregoire Pujade-Lauraine, J Carrier, Jason Fulford, Eloi Gimeno, Ed Panar, Hans Gremmen. Da ottobre 2015 a maggio 2016 frequenta il corso AM Modern Documentary Photography tenuto da Massimo Mastrorillo presso D.O.O.R ACADEMY. Nel 2017 ha anche partecipato al workshop sul processo di produzione di un libro fotografico tenuto dal fotografo Rafal Milach e dalla book designer Ania Nalecka. Nel marzo 2018 frequenta il Master BOOK tenuto da Antonio Xoubanova, Ricardo Cases Massimo Mastrorillo.
Francesca Maceroni
Dopo aver conseguito il B.A. in Scienze della Comunicazione presso l’Università Alma Mater Studiorum di Bologna e il Master in Giornalismo presso l’Università La Sapienza di Roma, mi sono dedicata a pieno titolo alla fotografia, conseguendo un Master in Fotogiornalismo presso la Romeur Academy e un Master di II livello in Nuovi Linguaggi della Fotografia Documentaria presso 001/DOOR Academy entrambe di Roma. Da allora lavoro come fotoreporter freelance collaborando con diverse riviste. Nel marzo 2018 ho frequentato il Master BOOK tenuto da Antonio Xoubanova, Ricardo Cases Massimo Mastrorillo. Sono molto interessata alle questioni sociali e ho concentrato la maggior parte del mio lavoro nel documentare attraverso saggi fotografici diversi tipi di problemi. I settori su cui mi sono concentrato maggiormente sono la condizione femminile e la tutela dei minori.

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